
Nome e cognome: Bruno De Mori.
Profilo professionale e lavoro presso:
Istruttore amministrativo, operatore del mercato del lavoro presso il Centro Impiego di Merate.
Quale è il motivo che più ti rende orgoglioso del tuo lavoro?
Amo quando c’è la possibilità di essere d’aiuto a persone che giungono al servizio in momenti di difficoltà. Accogliendo con rispetto, cercando di far riemergere e vivificare le loro risorse. È complesso, ma anche gratificante. Avere un ruolo nella “ripartenza” di qualcuno non ha prezzo.
Quali sono le principali criticità che rilevi nell’ambiente lavorativo?
I Centri per l’Impiego hanno attraversato nell’ultimo decennio sorti alterne, passando dall’essere quasi prossimi alla dismissione all’attuale inversione di rotta imposta dall’Unione Europea con il piano di potenziamento. Questo clima di costante riorganizzazione ha impattato ovviamente sugli operatori, che oggi chiedono anzitutto il compiuto riconoscimento di una dignità e di una ben delineata identità professionale. Occorre quindi spendersi per una piena accessibilità alla formazione e per una equa, obiettiva e trasparente individuazione di percorsi lavorativi e carriere, basata su competenze, impegno e pari opportunità. Non dunque un mero e retorico concetto di meritocrazia, utile soltanto a dar parvenza di nobiltà a ben altre dinamiche, ma una piena valorizzazione delle competenze, slegata da logiche unicamente discrezionali del dirigente.
Un altro importante tema è che, come categoria, abbiamo sinora avuto accesso soltanto a pochi strumenti di conciliazione lavoro – tempo di vita. Il paragone con le condizioni contrattuali di altri colleghi della PA (non solo economiche ma anche in termini di flessibilità e welfare) ha innescato pesanti flussi in uscita. Questo deve fare riflettere tanto la politica quanto chi è chiamato alla difficile responsabilità dirigenziale. È bene quindi che si implementi sin da ora ogni strumento contrattuale già previsto come esperibile dalla legge. Produrrà uno scenario di tipo win-win per tutti.
Perché ti candidi con la Fp Cgil e perché votare Fp Cgil?
Perché non sono indifferente al momento storico che stiamo vivendo: i diritti stanno arretrando, il tenore di vita va diminuendo. Mai come oggi torna a essere evidente quanto nessun diritto sia da ritenersi acquisito per sempre e che la difesa delle conquiste sociali ottenute con lotte e sacrifici è possibile soltanto in termini collettivi. Ho accettato di candidarmi per prendere posizione riconoscendomi nelle battaglie di civiltà, solidarietà e progresso che la Cgil porta avanti. Sento inoltre crescere tra colleghe e colleghi la voglia di recuperare luoghi e momenti di confronto, di relazione orizzontale, di rappresentanza. Se eletto, sarò sempre disponibile ad ascoltare ogni collega, di qualsiasi direzione, per ogni esigenza, necessità o anche solo per condividere uno stato d’animo.
Cosa diresti a una collega o a un collega che pensa che votare non serva a nulla?
Posso comprendere un certo disincanto. Ma chiamarsi fuori è una scelta passiva e rinunciataria. Mentre il solo gesto di votare porta a riflettere sul tuo lavoro, sulla tua quotidianità: su come è e su come potrebbe essere. Ti informi sulle liste, scopri che qualcuno ha in comune con te sensibilità, punti di vista. Comprendi che le nostre istanze trovano spazio nel luogo della rappresentanza. Vista così, la scelta del “votare o no” è ricondotta a quello che in realtà è: un modo di essere.