Terza tappa della mobilitazione unitaria per chiedere a Regione Lombardia un nuovo ‘Patto per la Salute’. Dal palco gli interventi delle lavoratrici e dei lavoratori ospedalieri: per la Fp Cgil Tatiana Irmici (Varese) e Luca Dall’Asta (Cremona)
23 giu. – Entrambi giovani e infermieri, entrambi delegati Fp Cgil, Tatiana Irmici e Luca Dall’Asta hanno partecipato al terzo presidio organizzato dai sindacati sotto il Palazzo della Regione per chiedere un futuro migliore alla sanità della Lombardia.
Dopo la mobilitazione per denunciare quanto accaduto sotto pandemia nelle Rsa e dopo quella per chiedere di rafforzare la medicina territoriale, indebolita da anni di definanziamento, la manifestazione confederale odierna ha rilanciato un messaggio scandito da tempo: il modello ospedalocentrico ha mostrato definitivamente tutti i suoi limiti. La tutela della salute passa attraverso una robusta rete di servizi: quelli ospedalieri e quelli territoriali.
“Questa emergenza sanitaria ha avuto un impatto drammatico sugli ospedali. I cittadini e le cittadine della Lombardia come punto di riferimento hanno avuto solo ed esclusivamente l’ospedale, in assenza di una medicina territoriale funzionante ed efficace” sostiene dal palco Monica Vangi, segretaria della Cgil regionale, ricordando come Regione Lombardia venga meno, in merito, ai suoi stessi provvedimenti (legge regionale 23/2015) sullo “sviluppo della rete territoriale e l’integrazione socio sanitaria con il sociale. I risultati li abbiamo visti: i cittadini lasciati in solitudine e gli ospedali chiamati a uno sforzo immane. Le operatrici e gli operatori si sono dovuti riconvertire perché i reparti sono stati riconvertiti, e hanno cercato di dare una risposta adeguata con mille difficoltà”.
Difficoltà palesate, con grande commozione, da Irmici, infermiera all’ospedale Del Ponte di Varese. “Abbiamo attraversato mesi terribili. La nostra vicinanza va sicuramente ai parenti delle vittime che non abbiamo potuto nemmeno abbracciare – afferma -. Sappiamo che è mancata la prevenzione che sta alla base di una sanità territoriale che funzioni. Oggi qui ripensiamo all’ospedale e per questo occorre aumentare il personale e cambiare la visione di salute che la politica ha improntato sul far quadrare i conti piuttosto che sulla cura del cittadino e dei suoi operatori”.
Per la delegata Fp Cgil Varese, “servono competenze che riportino l’organizzazione a standard più elevati. L’imperativo ora è ripensare ad un contratto che aumenti la quantità di risorse disponibili e in cui si stabiliscano retribuzioni comparabili ad altri paesi europei. Fino ad oggi non siamo stati tutelati – aggiunge -, da domani vorrei vedere un infermiere/ oss di pronto soccorso ricevere adeguata indennità di rischio. Va riconosciuto il lavoro usurante per tutti. Va rivista la rete di relazione tra medico, infermiere, oss e paziente in cui è l’infermiere l’unica figura che professionalmente ha la competenza per pianificare l’assistenza e legare i vari protagonisti. Penso ad un progetto in cui è possibile che l’ infermiere ospedaliero possa intervenire alla dimissione del paziente e condividere con il medico di base quella che potrà essere l’assistenza post ricovero non solo del paziente cronico”.
Dall’Asta, infermiere al piccolo e importante presidio ospedaliero cremonese Oglio Po, chiude il suo intervento menzionando un grandissimo regista. “Il processo generale di depersonalizzazione a cui stiamo assistendo palesa, citando e parafrasando Charlie Chaplin, come l’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ma allo stesso tempo sia soltanto un male passeggero, come la pochezza di uomini che temono le meraviglie del progresso umano, perché noi tutti non siamo macchine, non siamo bestie, ma siamo uomini”, sottolinea.
Il lavoro sotto la ferocia del Covid-19 è stato durissimo, con turni di 12 ore. Perché? “La gestione della pandemia è stata farraginosa, non bastava attendere le indicazioni date a livello regionale, nazionale o mondiale, ma alcuni strumenti di know-how già in nostro possesso dovevano essere messi in campo precocemente. I piani per la gestione delle maxi-emergenze o delle pandemie sono rimasti chiusi nel cassetto per troppo tempo, il testo unico sulla sicurezza spesso si è rivelato un soprammobile o una scocciatura ed alcune norme di igiene ospedaliera e di prevenzione delle infezioni sono state considerate secondarie rispetto ad altre partite. Tutto ciò, ovviamente, ha contribuito a farsi trovare impreparati nel momento del bisogno. Di questo qualcuno ne dovrà rispondere e assumersi le proprie responsabilità” rimarca.
“Non pretendiamo un ‘grazie’ calato dall’alto, ma rispetto e l’umiltà di ammettere che qualcosa di più, di diverso poteva e doveva essere fatto, nella speranza di essere finalmente considerati, apprezzati e valorizzati per quello che abbiamo dimostrato, con grande senso di responsabilità e appartenenza – continua il delegato Fp Cgil Cremona -. Per questi motivi è importante tenere alta la guardia e continuare la strada della lotta e della mobilitazione, auspicando in un contratto unico per la sanità, con salari adeguati alle competenze e un nuovo sistema di classificazione del personale. Da tempo, infatti, come operatori sanitari rivendichiamo la necessità di rivedere i modelli organizzativi e di fabbisogno del personale, con investimenti tecnologici, strutturali ed in risorse umane, puntando sulla prevenzione più che sulla cura, nonché sulla cultura della sicurezza sul lavoro e della continuità assistenziale, altrimenti, come dimostrato, tutti i nodi vengono al pettine”.
Nel frattempo qualcosa si muove e domani il Presidente della Regione ha convocato i segretari generali di Cgil Cisl Uil Lombardia che presenteranno le proposte unitario per un nuovo Patto per la salute chiedendo un tavolo di confronto permanente. (ta)
Le foto su Facebook (con il contributo di Mirko Esposito) >>>
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Il video su you tube: Tatiana Irmici – Luca Dall’Asta