Vanoli (Fp Cgil Lombardia): “Siamo al fianco delle donne afghane, siamo donne e paghiamo sempre il prezzo più alto di ogni crisi. Ma questo non è un destino. E dove c’è una donna è sempre possibile una rinascita”. Camusso (Cgil nazionale): “Costruire sorellanza”. Domani a Roma la manifestazione nazionale “Tull Quadze, Tutte le donne”
24 sett. 2021 – “La condizione delle donne è da tempo immemore iniqua. Le donne di tutto il mondo, le donne consapevoli di sé e dei loro diritti, chiedono e vogliono rispetto, libertà, autodeterminazione, parità, riconoscimento della propria differenza. Chiedono di poter vivere in dignità e sicurezza e non di subire violenza o venire ammazzate da chi le considera un proprio possesso di cui disporre a piacimento. Non di venire recluse e imbavagliate da chi le considera buone solo per procreare”. Così Manuela Vanoli nell’intervento introduttivo al convegno organizzatoal Palazzo di Giustizia di Milano dalla Fp Cgil Lombardia, dal titolo “Con le afghane e il diritto delle donne a realizzarsi”.
Come chiede con le sue opere Shamsia Hassani, giovane street artist afghana, di cui è stato proiettato un video.
La segretaria generale della categoria regionale cita Bibi Gulalai Mohammadi (27enne attivista afghana, già deputata in Parlamento, un fratello ucciso dai talebani) e il suo appello all’Italia a continuare il proprio sostegno, specie alle donne del suo paese. Donne a cui stanno tornando a togliere voce, lavoro, istruzione, sport, sicurezze, con un Ministero passato dal gestire le politiche femminili alla “promozione della virtù e la repressione del vizio”. Ma donne, anche, esemplari, che “stanno combattendo contro la sottomissione e per il diritto a realizzarsi. Se patriarcato, discriminazioni, disuguaglianze, sono il comun denominatore di tante difficoltà e ostacoli per le donne, al netto delle singole declinazioni, il mondo femminile, in quanto tale ha una sua specificità e una sua forza, da far valere. Insieme. Sia sorellanza, quella che unisce per contrastare la sopraffazione, sia madrità, quella che guarda alla potenza del femminile e che produce cambiamento. Così, oggi siamo tutte afghane – sostiene Vanoli”.
Funzione partigiana, verrebbe da dire, seguendo lo slogan nazionale della categoria. E “di parte”, per la dirigente sindacale, è la manifestazione di domani a Roma, “Tull Quadze, Tutte le donne”. “Per le donne afghane che stanno lottando con dignità e forza per l’emancipazione femminile, il diritto al lavoro, la libertà e una società democratica, e per tutte le donne. Per rivendicare giustizia ed uguaglianza, per chiedere ai decisori politici di cambiare sguardo e passo verso il mondo femminile, investendo sul valore delle donne e sulle donne come persone, con misure ad hoc a tutto campo, dal lavoro al welfare, dal fisco all’ambiente, utilizzando per questo anche le risorse del Pnrr – dice Vanoli -. Con la manifestazione di domani si chiede e si vuole la rivoluzione della cura come risposta ai mali e alle fratture del nostro tempo: dalla pandemia all’emergenza climatica, dalle guerre alle migrazioni, dalle paure e insicurezze alla solitudine. La cura come strada alternativa e benefica per un futuro migliore”.
“Nel rivendicare funzione paritaria [altro slogan di categoria – ndr] per tutte le lavoratrici e tutte le donne, perché la condizione delle donne è specchio della democrazia di un paese – aggiunge – , non possiamo che essere pienamente solidali e al fianco delle donne afghane. La situazione in Afghanistan è decisamente preoccupante: è in atto una crisi umanitaria per la quale un’Europa degna dei suoi principi ispiratori e l’Italia della Costituzione nata dalla Resistenza non possono voltarsi dall’altra parte”.
Cosa occorre? “Servono cura e protezione, sicuri corridoi umanitari e politiche di accoglienza diffusa in aiuto alle donne e alle persone che fuggono dalla violenza. Bisogna praticare il diritto d’asilo dei profughi al posto dei respingimenti. Come bisogna premere perché chi resta in Afghanistan, non venga abbandonato ma tutelato: dalle Ong che devono poter operare sul territorio, attraverso una missione Onu, presidi diplomatici, attraverso tutti i canali possibili”.
All’iniziativa, moderata da Felicia Russo, coordinatrice Fp Cgil, hanno portato i loro salutiGiuseppe Ondei, Presidente della Corte d’Appello di Milano; Francesca Nanni, Procuratrice generale di Milano; Isabella Gineffa, Presidente ADMI e Procuratore della Repubblica a Larino (da remoto). E sono intervenuti Elisabetta Meyer, Presidente ANM Milano, eVinicio Nardo, Presidente Ordine Avvocati di Milano.
Dopo il dibattito, a cui è intervenuta anche la ex segretaria generale della Cgil Lombarda, Elena Lattuada, le conclusioni sono state tenute da Susanna Camusso, responsabile delle politiche di genere e delle politiche internazionali della Cgil.
“Scegliere di fare un’iniziativa a sostegno delle donne afghane a Palazzo di Giustizia non è casuale ma chiama in causa i diritti – afferma -. Esiste un diritto internazionale, dei codici su cui il mondo si è messo d’accordo. Ci sono dei diritti fondamentali. Fanno parte della politica sì o no? Fanno parte della nostra possibilità individuale e collettiva di fare? Credo che siano domande che debbono tornare” incalza Camusso. Chiedendo subito dopo: “Si può riconoscere il governo talebano se non riconosce i diritti universali?”.
La dirigente confederale nazionale ragiona sul fatto che in Afghanistan “dopo 20 anni si torna al punto di partenza, come se nulla fosse”. La lezione qual è? “Non si esporta la democrazia e la guerra al terrorismo non funziona in questo modo”. Oltre a un tema di base per la popolazione afghana: “come possono liberarsi loro dalle organizzazioni terroristiche”.
Se in Afghanistan bisogna starci, impegnandosi affinché organismi internazionali e Ong possano essere messi nelle condizioni di continuare a operare lì, con il ritiro delle truppe alleate si è aperta “una nuova stagione della geopolitica, in cui la partita è quanto le scelte di politica internazionale dipendano solo da scelte economiche di convenienza o quanto abbiano il tema dei diritti umani e dei diritti universali”. Diritti che “si infrangono contro i muri” che continuano a moltiplicarsi. La strada invece è quella del diritto d’asilo, dell’accoglienza e dell’integrazione.
“L’impegno è quello di non far finta di niente”, pena la perdita, nel tempo, degli avanzamenti ottenuti in questi anni dalle donne afghane, “perché l’indifferenza è diventata generale”. Anche Camusso indica “un tema, che si chiama costruire sorellanza. E la sorellanza non è battere la mano sulla spalla dicendo: siamo vicine a te. Ma è sapere che la libertà di ognuna è condizionata e reale in ragione della libertà di tutte le altre. E che quindi continuando una battaglia per la libertà delle donne, lo si fa per noi ma anche per le donne di tutti i paesi”.