6 May 2024
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Autonomia differenziata / Una riforma respingente e da respingere

Giordana Pallone

Dal seminario organizzato sul ddl Calderoli dalla Cgil Lombardia, le riflessioni della Fp Cgil, con Lello Tramparulo, della segretaria regionale, Teresa Elmo, segretaria generale Fp Cgil Lecco, e Giordana Pallone, della segreteria nazionale.

19 sett. 2023 – Il disegno di legge del Ministro Calderoli sull’autonomia regionale differenziata, impattando sui diritti di cittadinanza, erogati dai servizi pubblici, coinvolge in pieno, anche in termini di rappresentanza sindacale, la Fp Cgil. E oggi, al seminario organizzato dalla Cgil Lombardia su “Autonomia differenziata anche no! Welfare, istruzione, formazione”, la categoria ha partecipato con tre contributi: quelli di Lello Tramparulo, segretario regionale, di Teresa Elmo, segretaria generale Fp Cgil Lecco, e di Giordana Pallone, della segreteria nazionale, intervenuta al posto del già previsto segretario della Cgil Nazionale Christian Ferrari, chiamato ad altri impegni.

Il segretario Fp Cgil Lombardia Tramparulo ha evidenziato che con questo riassetto istituzionale, che pone “forti dubbi di costituzionalità”, le Regioni a statuto ordinario, oltre a poter chiedere allo Stato più competenze, potranno anche “trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive”. Così facendo si arriva alla “secessione dei ricchi” perché questo provvedimento, spinto soprattutto da Veneto e Lombardia, “potrebbe assicurare molti più finanziamenti alle regioni del Nord, che già dispongono di maggiori risorse, rispetto a quelle del Sud”.

Quello dei livelli essenziali di prestazione (Lep) a tutela dei diritti civili e sociali delle cittadine e dei cittadini è “uno dei punti più contestati della proposta di legge. Vanno garantiti su tutto il territorio nazionale, stabilendo l’entità dei finanziamenti a monte delle richieste di autonomia – attacca Tramparulo -. Il ddl Calderoli prevede, invece, che prima di stabilire l’entità dei Lep si possano distribuire gli stanziamenti in base alla spesa storica della regione interessata e ciò si traduce nel favorire le regioni che hanno più risorse e una spesa storica più alta e sfavorire quelle più povere, che potrebbero avere più difficoltà ad acquisire le funzioni aggiuntive. Quindi è una riforma escludente, respingente, perché verrebbe applicata solo dalle regioni più forti”.

Lello Tramparulo al seminario Cgil Lombardia sull'autonomia differenziataAltra criticità segnalata dal dirigente sindacale è che la riforma si farà a costo zero. Sul piano organizzativo, significa non prevedere nuove assunzioni per gestire, negli enti locali, le 23 materie richieste, quando già nelle attività quotidiane il personale arranca. Oppure indebolire gli “strumenti di governance del Ssn, aumentando le disuguaglianze nell’offerta dei servizi: sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e compartecipazione, di governance degli enti e aziende del Servizio sanitario regionale quando già, in Lombardia, abbiamo uno sbilanciamento del rapporto tra pubblico e privato”.

Se il tema è complesso, è semplice capire che procedere in questa direzione significherà, dice Tramparulo, “fare saltare i principi di universalità e solidarietà previsti nella nostra Costituzione”.

Nel suo intervento, Teresa Elmo, segretaria Fp Cgil Lecco, ha portato un esempio che, nella sua concretezza, anticipa un modello che si amplificherebbe dando approdo al disegno secessionista di marca leghista.

“Lo scorso 27 giugno è stata discussa e approvata dal Consiglio Regionale della Lombardia una mozione bipartisan basata sulla richiesta di riconoscimento di un’indennità di confine riservata a medici e infermieri che operano nelle aree di confine con la Svizzera perché rimangano in Italia”, ha ricordato la sindacalista.

Queste zone di soglia sono Como, Varese e Sondrio, dove le carenze di personale sanitario, come nel resto del Paese ma anche oltreconfine si fanno sentire. Con la differenza che in Svizzera “ci sono stipendi che variano dai 3.500 agli 8.000 euro al mese, anche sei volte più alti dei 1.400 euro che in media percepisce chi lavora negli ospedali italiani”. Tali disparità, con l’autonomia differenziata, si verificheranno ancora di più nel nostro Paese, già frastagliato in venti sistemi sanitari regionali diversi, portando al tracollo definitivo il Ssn e spezzando la cornice di un unico contratto nazionale per le lavoratrici e i lavoratori.

La Lombardia, poi, ha avviato un pessimo processo a suon di riforme sanitarie e con l’equivalenza tra pubblico e privato, arrivando a un “mercato delle professioni sanitarie, dove medici e infermieri si sono ‘venduti’ al miglior offerente, a dispetto di ogni etica professionale”.

La ricetta di Elmo, con la Fp Cgil, per fermare quella spirale che porta il personale a fuggire dalla sanità pubblica per quella privata o, appunto, per altri lidi, stanti le estenuanti condizioni di lavoro, le poche forze e i diritti che saltano, passa allora da una domanda retorica: “Perché non aumentare strutturalmente il Fondo Nazionale Sanitario, a favore di politiche occupazionali concrete ed efficaci, che affrontano l’urgenza di un piano di assunzioni straordinario, in grado di garantire adeguate risposte al servizio sanitario pubblico, in affanno su tutto il territorio nazionale, alleggerendo il personale in forze dagli attuali carichi di lavoro insostenibili, che stanno mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti?”.

Alla Asst di Lecco da inizio 2023 si sono già dimessi 40 infermieri. Il turnover non compensa le fuoriuscite, anche quelle di chi va in pensione. Situazione generalizzata per tutto il personale e ormai diventata cronica. Da qui si spiegano i dati di chiusura del 2022 con le 189mila ore accantonate e i 49mila giorni di ferie accumulati, senza contare gli straordinari pagati. E così si saltano i riposi, si duplicano le pronte disponibilità, violando i limiti contrattuali. “La sanità è malata…. ma è malata in tutto il territorio e la cura non può certo essere quella che ciascuno guardi in casa propria”, evidenzia Elmo.

Come visto, il ddl Calderoli impatterebbe non solo sulla sanità ma su tutto il welfare pubblico. Con la riforma costituzionale del 2001, la competenza delle Regioni rispetto all’assistenza sociale è residuale. Sono i Comuni ad amministrarla. E cosa succede, sempre restando nel territorio lecchese? I servizi vengono esternalizzati a cooperative sociali, con appalti al massimo ribasso e, quindi, meno tutele e diritti per le lavoratrici e i lavoratori, discriminazioni nello stesso posto di lavoro a parità di mansione, con i diversi contratti applicati, più lavoro povero, servizi di qualità e tenuta arbitrarie e non di sistema, come dovrebbe essere. La richiesta di “spingere sul rinnovo dei contratti nazionali di settore”, alzare “il potere d’acquisto dei salari” e uniformare “le condizioni contrattuali a parità di mansione” che ribadisce la segretaria generale della Fp Cgil Lecco parte da qui.

La Fp Cgil e tutta la Confederazione sono impegnate da tempo nel contrastare il disegno di autonomia differenziata proposto dalla maggioranza di Governo. Il disegno di legge Calderoli, confermando l’impostazione inaudita della legge di bilancio dello scorso anno, porterà sia all’inevitabile cristallizzazione delle disuguaglianze e dei divari territoriali esistenti, prevedendo che individuazione dei Lep e devoluzione di funzioni avvengano a risorse invariate sia alla disarticolazione delle politiche pubbliche, riducendo ulteriormente il perimetro dell’universalità nell’accesso a interventi e prestazioni che solo i servizi pubblici possono garantire in modo uniforme, e differenziando, così, l’esigibilità dei diritti sociali fondamentali delle persone”, dichiara Giordana Pallone, segretaria della Fp Cgil Nazionale.

“L’attuazione dell’autonomia differenziata porterà alla progressiva privatizzazione dello stato sociale, alla messa in discussione del CCNL, alla frammentazione del sistema pubblico di tutela dei beni comuni, innescando processi competitivi tra territori che avranno come unico effetto lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, cittadini di serie A e cittadini di serie B – considera Pallone –. Un nuovo modello sociale che, negando e stravolgendo la Costituzione formale e materiale, cambierà la vita quotidiana delle persone imponendo logiche di mercato e individual iste che negano ogni idea di giustizia sociale e solidarietà”.

La dirigente sindacale rileva la coerenza di questo modello “con la proposta di riforma costituzionale volta a introdurre l’elezione diretta del capo del governo. Una modifica che stravolge la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e che ha individuato nel Parlamento la sede della sovranità popolare. Cioè in un organo collegiale rappresentativo di tutta la cittadinanza, maggioranza e minoranza, e non in un sistema plebiscitario e monocratico che, invece, affida il comando a un singolo eletto, diretta espressione di una sola parte della popolazione. “Anche per questo saremo in piazza a Roma il 7 ottobre – sostiene la segretaria Fp Cgil Nazionale -, per contrastare lo stravolgimento della Costituzione, formale e materiale, e rivendicare un nuovo modello di Paese fondato sulla giustizia sociale, la partecipazione democratica e la centralità del lavoro pubblico”.